Pasta e… gioielli che crescono sotto terra!
Un piatto rustico e di origine povera, apprezzato ancora oggi e nobilitato con ingredienti prestigiosi come il tartufo.
“Munnezzaglia azzeccata”
No, non è uno scioglilingua bensì un’espressione che riassume al meglio l’essenza della pasta patate e provola. Una ricetta tipicamente campana che affonda le sue origini nel passato del mondo contadino, ma ancora oggi è un piatto apprezzato e preparato in versione casalinga o gourmet in terra partenopea (e non solo).
La tradizione vorrebbe che fosse preparata con la pasta corta mista, ovvero con tutti gli avanzi dei diversi formati rimasti sul fondo delle scatole in dispensa, che a Napoli sono chiamati proprio “munnezzaglia”. In più la cottura deve essere “risottata”, ovvero eseguita come quella di un risotto, in modo che l’incontro tra amidi e formaggio dia come risultato una consistenza cremosa (appunto “azzeccata”).
Una, nessuna, centomila
Come sempre nel caso delle ricette tipiche, la tradizione va conosciuta (e in parte rispettata) ma solo per apprezzare di più le eventuali licenze poetiche! Pertanto anche della pasta patate e provola esistono molte varianti. C’è chi ci mette anche la pancetta o la cotica di maiale, chi aggiunge le croste di formaggio, chi la propone “macchiata di pomodoro”, chi la lascia più “lenta” aggiungendo un po’ di liquido in più durante la cottura.
La versione originale viene comunque ancora realizzata in molti ristoranti tradizionali napoletani e si trova su diversi siti internet affezionati alle ricette regionali. Qui puoi trovare la pasta patate e provola di Sonia Peronaci, che spiega tutti i trucchi per preparare questo piatto al meglio.
Da Napoli a Sanremo
Se la pasta patate e provola può essere giustamente considerata un piatto “antispreco”, recenti aneddoti possono far pensare che sia anche un piatto “antistress”. Infatti, come ha riportato il Sole 24 Ore lo scorso febbraio 2024, BigMama titolare del temporary shop che porta il suo nome, nonché cantante in gara alla 74esima edizione del Festival di Sanremo con il brano “La rabbia non ti basta”, ha raccontato di aver trovato nella cucina il metodo per non pensare al debutto e scaricare la tensione da esordio.
In più ha citato la pasta patate e provola facendo un paragone con “l’ingrediente segreto” della ricetta (la scorza di Parmigiano) e il suo “X factor” (la voglia di rivalsa) e assimilato la cucina e la musica a due linguaggi ugualmente efficaci per raccontare l’amore per la sua Napoli.
“Del giorno dopo”… ma in versione gourmet
La pasta patate e provola è buona anche (soprattutto?) il giorno dopo averla preparata e quindi a Napoli è tradizione consumarla anche riscaldata. Proprio in questa versione è stata recuperata anche da alcuni giovani chef, come Mario Quarta del ristorante Suscettibile a Salerno, che l’ha declinata in forma “arruscatella”, cioè resa croccante in padella e arricchita con fonduta di provolone e tartufo.
Quest’ultimo è un ingrediente molto particolare e pregiato, molto apprezzato nella tradizione della cucina italiana (era utilizzato già all’epoca degli Etruschi e dei romani!). A differenza delle patate (alle quali è accomunato dal fatto di crescere sotto terra) non è un tubero, bensì un fungo, molto raro e difficile da trovare, che nasce spontaneamente solo in particolari condizioni di terreno e clima.
Di fatto l’inserimento di questo ingrediente “di lusso” (che può arrivare a costare centinaia o migliaia di euro al kg a seconda della pezzatura e del fatto che sia nero o bianco) in un piatto povero come la pasta patate e provola può sembrare un controsenso, eppure si accompagna alla perfezione al gusto di questo primo, che ne esalta il profumo e la delicatezza e in cambio ne riceve un tocco di prelibatezza in più.
Trattandosi però di un alimento estremamente delicato, è importante utilizzarlo solo a finitura del piatto, quando cioè la pasta (mantecata e lasciata riposare in pentola sotto il coperchio affinché assuma la giusta consistenza) è già stata porzionata e servita. In questo modo il calore della base farà sprigionare il sottile e raffinato aroma di sottobosco, senza tuttavia rovinarlo.